C’è un
libro.
Si intitola
BUIO D’AMORE.
Raccoglie
tredici racconti di MARCO VICHI, tredici storie che mostrano l’altra faccia
della cartolina illustrata che siamo abituati a chiamare “amore”, tredici
episodi di passione, confusione, timore, perdita, inganno e sogno. Follia?
Giusto un velo. Quella che si vede tutti i giorni, però… Nulla di troppo romanzato.
Il consiglio
di shopping di questa guida allo shopping è di acquistare BUIO D'AMORE e
leggerlo: pare fatto
su misura per il mese d’agosto, lo divorerete in pochissimo tempo e (ahia!) vi
farà forse anche un po’ da specchio. Arrivati in fondo al tredicesimo racconto
ne vorrete un quattordicesimo e andrete a caccia di un altro libro di Vichi.
Per
l’assaggio (che non vi rivelerà nulla della trama) vi riporto poche righe di
una delle tredici storie. Sono “schegge” di STILNOVO che descrivono l’incanto
di un uomo davanti alla bellezza di una donna. E la donna bellissima è la commessa di un negozio di abbigliamento, perché questa è una guida allo shopping che non ama andare fuori
tema.
Poi successe una cosa: passò davanti a un
negozio che vendeva vestiti, per caso volto la testa e dovette fermarsi davanti
alla vetrina. Aveva visto lei.
[…]
Continuava a fissare la ragazza dentro il
negozio, incantato dai suoi capelli lunghi e neri, dai suoi occhi profondi e
lucenti. Non era solo bellissima, era la donna che la sua immaginazione avrebbe
voluto creare. Tu sei mia, pensò. Perché non poteva succedere così,
all’improvviso?
[…]
Lei era bella come Eva, la pelle luminosa e morbida,
le labbra gonfie di vita. Se lui sentiva quello che sentiva non poteva essere
un caso. C’era sempre un motivo, un disegno che i mortali non potevano
decifrare.
Lei andava qua e là tra gli scaffali,
cercando i vestiti per i clienti. Aveva fisso sulla bocca un sorriso bianco di
luce, era come aprire la finestra al mattino. A un tratto Goran si accorse che
nel negozio c’erano altre commesse, forse addirittura tre, ma per lui erano
solo ombre.
Quando lei si girava dalla sua parte, Goran
fingeva di guardare i vestiti appesi in vetrina. Vestiti appesi da lei,
pensava, toccati dalle sue mani. Avrebbe voluto essere quel paio di jeans,
qiella cerniera che lei aveva tirato su e giù, su e giù… ziiip, ziiip, la punta
delle sue dita. Tu sei mia, pensò con forza, fissando quelle mani che si
muovevano in aria come pesciolini. Restò ancora per qualche minuto a guardarla
attraverso il vetro, poi se ne andò.
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